Romy Schneider pseudonimo di Rosemarie Magdalena Albach-Retty; (Vienna, 23 settembre 1938 – Parigi, 29 maggio 1982) è stata un'attrice austriaca.
Nata nella Vienna post-Anschluss, Romy Schneider era figlia della tedesca Magda Schneider e dell'austriaco Wolf Albach-Retty, attori di successo in Austria. Il padre, convinto sostenitore del nazismo, abbandonò la famiglia quando Romy era ancora molto giovane, legandosi a Trude Marlen, una nota attrice austriaca anche lei di fede nazionalsocialista. L'allontanamento del padre portò a un rafforzamento del legame di Romy con la madre e con il fratello minore Wolfi, nato nel 1941. Dopo un periodo trascorso in collegio, in cui dimostrò un certo talento per la pittura, tornò in famiglia a Vienna. La madre nel frattempo aveva contratto un secondo matrimonio con un pasticcere di Colonia, in Germania, dove da quel momento visse la famiglia.Magda Schneider influenzò fortemente Romy nell'intraprendere la carriera cinematografica, nonostante la figlia non ne fosse convinta. Romy apparve per la prima volta sullo schermo all'età di soli 15 anni, nel film Wenn der weisse Flieder wieder blüht (1953). Il suo primo successo lo ottenne però l'anno successivo con L'amore di una grande regina (1954), un film sulla giovinezza della Regina Vittoria, per il quale Romy assunse definitivamente il nome d'arte di Romy Schneider, prendendo quindi il cognome della madre, e non quello del padre, che era Albach-Retty.
Il ruolo della baronessa Lehzen, fedele governante della regina Vittoria, venne interpretato nel film proprio da Magda, che ricoprirà il ruolo della madre di Romy in parecchi film dalla stessa girati durante la prima parte della sua carriera, tra cui i più famosi sono quelli della trilogia di Sissi, dedicati all'imperatrice d'Austria Elisabetta. Prodotti nel triennio 1955-1957, le pellicole consentirono a Romy di ottenere un'immensa popolarità, grazie alla carica di freschezza, ingenuità ed entusiasmo che l'attrice seppe infondere al personaggio. Ancora oggi i tre film sono riproposti spesso in televisione, a dimostrazione del loro perdurante successo. Per il grande pubblico che ignora le interpretazioni della seconda parte della carriera dell'attrice, Romy Schneider è semplicemente identificata come "Sissi".
. Cinquantanove i film che interpretò in ventinove anni: film importanti, gratificanti sul piano artistico, diretti da registi come Luchino Visconti, Joseph Losey, René Clement, Otto Preminger, Orson Welles, accanto ad attori famosi. Ma i film che la fecero amare dal grande pubblico, e la fanno ancora amare perché le televisioni di tutto il mondo continuano a riproporli in ogni occasione e con ascolti incredibili, sono i tre della serie dedicata a Sissi, la giovane ed inquieta Elisabetta di Baviera andata in sposa a 16 anni, nel 1854, al ventiquattrenne imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, che Romy interpretò a 17, 18 e 19 anni: La principessa Sissi (nel 1955), Sissi, la giovane imperatrice (1956), Destino di una imperatrice (1957), diretti da Ernst Marischka “Non sapremo mai se il successo di questi film sia dovuto più al fascino del personaggio Sissi o a quello della interprete Romy”, scrissero i critici del tempo, “ma è certo che la straordinaria freschezza del volto della Schneider ed i suoi splendidi occhi azzurri hanno avuto un peso enorme, forse determinante, nel gradimento del pubblico”.
Un autentico “filone d’oro” per il cinema austriaco che in quegli anni vivacchiava alla meglio, assolutamente incapace di confrontarsi con le grandi produzioni francesi e inglesi: Sissi e Romy avevano fatto il miracolo, portando una montagna di soldi nelle casse dei produttori. Ed il progetto era di farla andare avanti ancora per molto, quella fortunatissima serie. Non fu d’accordo l’attrice protagonista: lei voleva interromperla già al secondo film. “Non voglio sembrare una ingrata”, spiegò ai produttori e al regista Marischka, “ma non intendo restare legata al cliché della imperatrice-bambina, a quella immagine di creatura mite e dolcissima che la storia e una certa letteratura rosa ci hanno tramandato. Devo molto a quei film, a quel personaggio, certo: il successo, la popolarità, il denaro. Ma un’attrice deve mirare ad altri ruoli, ed io credo di averne la capacità, oltre che la voglia”.
Più che decisa, irremovibile, Romy; sconsolato il regista, il quale aveva già pronte sul tavolo altre sceneggiature. “Sceglieremo un’altra attrice ”, tagliò corto, furente, uno dei produttori. E si diedero tutti da fare per trovare la sostituta. Ma dove trovarla, una interprete che riunisse in sé la bellezza, la sensibilità e la bravura di Romy Schneider? E soprattutto, quale impatto avrebbe avuto sul grande pubblico una nuova interprete? “Non esiste al mondo attrice capace di dare a Sissi la dolcezza e la credibilità che le ha dato Romy”, il giudizio di Alain Delon, che era allora il suo grande innamorato. Si misero il cuore in pace, produttori e regista, dopo tante ricerche e inutili provini. E con Romy la serie si chiuse.Romy il cinema l’aveva cominciato per gioco e voleva continuare a divertirsi, con personaggi nuovi, in grado di darle sempre nuovi stimoli “A rifare sempre le stesse cose, ti viene la nausea”, scriveva nei suoi diari:"Se mi si vuole imporre di fare quello che non voglio, pianto tutto e me ne ritorno ai miei studi di disegno”. Era il suo grande hobby, il disegno: il suo sogno, quando non pensava ancora di fare l’attrice, era quello di creare gioielli e oggetti d’arte in oro e argento. Dovette arrendersi anche la madre, dinanzi a tanta ostinatezza.
Ma non era soltanto il bisogno di cambiare che le fece maturare quella decisione. Ad allettarla, da Parigi, c’era già la “sirena” Delon, 22 anni, allora astro nascente del cinema francese. Innamoratissimo prima ancora di incontrarla, a sentire i biografi, il bell’Alain aveva fatto di tutto per avere la deliziosa “Sissi” come partner. E l’occasione si era presentata con un film di produzione francese, Christine, l’amante pura, genere drammatico. Non seppe resistere, la diciannovenne “fatina”, a quella proposta. Parigi era il suo sogno di ragazza e la prospettiva di lavorare con Delon la infiammava. Altra lite con la madre, che proprio non voleva saperne di lasciarla partire. Vinse ancora una volta Romy, e Magda, facendo buon viso a cattiva sorte, partì con lei.
Era la primavera del 1958. Così Romy descrisse nei suoi diari l’arrivo a Parigi, organizzato nei dettagli dai press agent, con Delon ad aspettarla in aeroporto con un fascio di rose in mano. “Sì, era proprio lui ai piedi della scaletta. Un ragazzo troppo bello, troppo ben pettinato, vestito in modo inappuntabile, con una cravatta perfetta e un abito tagliato secondo gli ultimi dettami della moda. Sorrisi, flash, occhi sgranati. Ma a me, poco abituata a quelle parate pubblicitarie, sembrava tutta una esagerazione, tutto artefatto, una finzione come sul set di un film. Perfino le rose che Alain teneva in mano mi sembravano troppo rosse per essere vere".
"Lui non parlava inglese". sono ancora le parole di Romy, "sconosceva del tutto il tedesco, ed io non spiccicavo una parola di francese. Cercammo di capirci usando un miscuglio dei pochi vocaboli orecchiabili che l’uomo della strada riesce a prendere dalle varie lingue. La sera, poi, ci trovammo al Lido: ballammo a lungo, per la gioia dei fotografi. Alain aveva imparato a dire in tedesco “Ich liebe dich”, ti amo, e continuò a ripetermi quelle tre paroline per tutta la sera. Ci fu anche il bacio, sempre per la gioia dei fotografi. Ma a me, che pure avevo sognato a lungo quell’incontro, continuava a sembrare tutto banale e artificioso, in quella falsa parata. E finto era l’Alain Delon che mi diceva ‘ti amo’ con quella buffa pronuncia in tedesco. Il vero Alain, lo avrei conosciuto qualche giorno dopo. Un matto. Un ragazzo meraviglioso in jeans e camicia sportiva, sempre spettinato, capace solo di parlare a raffiche velocissime, un selvaggio perennemente in ritardo che girava per Parigi con un’auto sportiva infischiandosene dei semafori rossi”.
“Amavo già Alain ed anche lui mi amava”, la conclusionei di Romy. "Ma le riprese del film finirono presto ed arrivò il giorno della mia partenza. Felicissima mia madre: quel ragazzo dalla testa matta proprio non le andava. ‘E’ finto dalla testa ai piedi’, non faceva che ripetermi. Ed io lo adoravo sempre di più. Mi accompagnò in aeroporto, quando dovetti partire, mi diede l’ultimo bacio proprio sotto la scaletta dell’aereo. Feci l’intero viaggio piangendo. Piansi anche a casa, pensando solo a lui. E un bel giorno, scatenando le ire di mia madre, decisi di tornare a Parigi. Da sola. Non mi interessava nulla né di mia madre né di quello che della ‘dolce e timorata Sissi’ avrebbero scritto i giornali. Ed a Parigi seppi che, mentre io piangevo a Vienna, il mio adorato Alain piangeva a Parigi, confidando le sue pene d’amore al suo grande amico Georges Beaume, in casa del quale viveva. Cominciò quel giorno la nostra nuova vita, in casa di Beaume, in una vecchia mansarda nel cuore di Parigi. Eravamo tutti e due molto giovani e molto romantici. Un rapporto fatto di amore, di grande passione. E da parte mia, a darmi la carica, una immensa gioia di vivere e amare, la straordinaria e travolgente sensazione di una libertà finalmente conquistata”
Durò cinque anni il loro amore, dal 1958 al ’63. E per Romy furono anche anni di intenso lavoro, quello che più la gratificava, sul piano artistico e umano. Luchino Visconti, grande amico di Delon (che con lui aveva già interpretato il film Rocco e i suoi fratelli), la scelse come protagonista in teatro, a Parigi, di un fortunatissimo dramma di John Ford, Peccato che sia una sgualdrina, interpretato anche da Alain Delon. Era il 1961 e la “bellissima Sissi dagli occhi azzurri” aveva 23 anni. Un volto sempre luminoso, una bellezza dolcemente aggressiva, donna nella sua pienezza, e un talento non comune. I critici francesi parlarono di “maturità inattesa per una ragazza incantevole ma grezza che in quegli anni si era cimentata soltanto in personaggi sdolcinati e stucchevoli”. Anche fisicamente era una donna nuova: snella, elastica, raffinata, piena di stile, senza aver smarrito la freschezza dei 18 anni. “Devo tutto ad Alain e Luchino, all’amore e al lavoro”, diceva lei. “Ed anche a Coco Chanel: è stata lei a darmi un po’ di sprint francese, insegnandomi a vestire, ad avere personalità e garbo, a curare la linea. Ricordo le parole che mi disse quando mi vide la prima volta: ‘Mi sembri una mela ben nutrita’. Non era certo un complimento. Mi hanno fatto bene, quelle sue parole: una sferzata per la quale resterò sempre grata all’amica Coco”
Felicissimo, orgoglioso dei suoi interpreti, Visconti. “Due ragazzi carissimi, oltre che grossi talenti del teatro e del cinema: li crescerò come figli”, dichiarava ai giornalisti. Per Romy aveva in serbo un episodio del film Boccaccio, dal titolo Il lavoro, che girò in quello stesso 1961 (e la popolarissima Sissi apparve per la prima volta sullo schermo completamente nuda); per Alain, il ruolo di Tancredi nel Gattopardo che girerà nel 1963. “Sono una donna felice, immensamente felice”, le dichiarazioni di Romy, quando la dolce “fatina” viennese e il divo più amato dalle ragazze francesi annunziarono ufficialmente il loro fidanzamento, nell’estate del 1961, in una grande villa sul lago di Lugano. “Per lo splendido amore che sto vivendo, accanto ad un uomo che adoro, e per il lavoro che finalmente appaga i miei interessi, mi dà emozioni che non avevo mai provato e sempre nuovi stimoli per far meglio”, volle precisare. Ed aggiunse: “Dio è stato davvero generoso con me: mi ha dato tutto quello che una donna può desiderare”. Anche Magda Schneider, la “terribile madre”, aveva infine ceduto al fascino del bellissimo Alain: la villa in cui i due fidanzati avevano riunito giornalisti e fotografi era di proprietà del suo secondo marito.
Negli anni Sessanta, Romy Schneider era l’attrice più pagata d’Europa. A dominare il cinema francese era Brigitte Bardot, che aveva quattro anni più di lei. Ma non era la BB di Piace a troppi e La ragazza del peccato che Hollywood invidiava all’Europa. Agli americani piacevano il volto luminoso e la fresca bellezza della Schneider, oltre che il suo talento. Quando il regista Otto Preminger, austriaco come lei ma naturalizzato americano, la convinse a volare oltre oceano per Il cardinale, nel 1963, i giornali americani scrissero: “E’ il più bel regalo che la Germania (o l’Austria, poco importa) ci abbiano fatto dopo Marlene Dietrich”.
Ma il divismo di Hollywood non faceva per lei. Girò un paio di film (I vincitori di Karl Foreman, Scusa, me lo presti tuo marito?, con Jack Lennon), oltre a Il cardinale di Preminger, e se ne tornò in Europa. “L’America mi interessa, certo”, dichiarò al suo ritorno, “ma è Parigi il mio mondo, quello che ho sempre amato ed amo, con il suo teatro, i film d’autore, i grandi registi ed i giovani che del denaro se ne infischiano per fare quello che hanno sempre sognato di fare. Ed a Parigi”, aggiungeva con l’entusiasmo della ragazzina innamorata, “c’è il mio grande amore, Alain. Parigi, per me, è tutte queste cose messe assieme; ma è, soprattutto, lui”.
Tutto a gonfie vele, insomma, nella carriera come in amore, anche se erano sempre più rare le giornate che poteva trascorrere con il suo Alain, lui più di lei in giro per il mondo. Ed era quello l’unico suo cruccio. “Ma ci sentiamo al telefono, anche più volte al giorno”, diceva. “La sera non posso andare a letto senza avere la sua buonanotte; e lui pure aspetta quel momento per mettersi a dormire”. Non sapeva ancora che grosse nubi si addensavano già sulla sua vita sentimentale. Lo saprà pochi giorni dopo, attraverso i giornali. Accanto al ventottenne Delon, c’era già un’altra donna: Nathalie Barthélemy, 23 anni (tre meno di Romy), attrice anche lei, divorziata e madre di una bambina. Per rompere il fidanzamento annunciato due anni prima a Lugano, al “bel tenebroso” Alain bastarono un fascio di rose e un biglietto di poche righe: “Cara, mi dispiace. So che ti avrei reso la vita infelice. Lasciandoci adesso, sarà più facile restare amici. Ed è quello che ti chiedo. Ti auguro ogni bene. Alain”.
Un fulmine a ciel sereno, per la innamoratissima Romy. Ebbe appena il tempo di leggere quel “gelido e crudele biglietto di addio” ed apprese, ancora dai giornali, che l’ex fidanzato aveva già sposato Nathalie in Messico. Affidò ad una lettera la sua disperazione, che il neo sposo troverà sul tavolo al ritorno a Parigi: “Quando ho saputo del tuo matrimonio, la prima cosa che ho pensato di fare è stata quella di chiudermi in convento. Ma a che cosa sarebbe servito rinunciare alla carriera ed al mondo. Neppure da lì sarei riuscita a dimenticarti. Mi dici che l’hai fatto per il timore di rendermi la vita infelice. Ma è stato il tuo biglietto a rendere infelice e disperata la mia vita. No, mio carissimo Alain: cinque anni d’amore non si possono cancellare con un biglietto d’addio. Il tuo nome ed il tuo volto resteranno per sempre incisi nel mio cuore”.
Tornarono ad essere amanti, quattro anni dopo, ma solo nella finzione scenica: sul set di un drammaticissimo film, La piscina di Jack Deray. “Sì, sono riuscita a vincere l’emozione di quegli abbracci appassionati”, confiderà agli amici. “Anche Alain s’è comportato benissimo, da grande professionista. I due ex fidanzati avevano definitivamente ceduto il posto a due attori che a letto si incontravano e si amavano furiosamente non per amore ma per il loro lavoro. Quello che Alain mi aveva chiesto nel suo biglietto d’addio, ho fatto di tutto perché si realizzasse: siamo rimasti davvero amici”.
Si era sposata anche lei, Romy: nel 1966, a 28 anni, con un regista teatrale tedesco che ne aveva 9 più di lei, Harry Meyen. E l’anno dopo era diventata mamma di un bimbo, David Christopher. Della sua vita di moglie e di attrice, scriveva nei diari: “Reciterò per la prima volta in un teatro tedesco, prima in una tragedia, poi in una commedia: è la vita, il tragico grottesco della nostra esistenza. La regia è di mio marito. E’ un uomo interessante. Nei mesi dopo la rottura con Alain, quando mi sentivo soffocare per l’infelicità, passavo il mio tempo nelle sfilate di moda e nei camerini delle grandi sartorie a provare abiti nuovi. Una volta entrai da Chanel per comprare un tailleur e ne uscii con sette. Pensavo solo ai vestiti, in quei giorni, alla cosa cioè che in tempi sereni mi interessava poco o nulla. Harry mi asseconda in tutto, anche in questo sperpero di denaro”.
Ed ancora: “Harry è tanto migliore di me, mi dà una sicurezza nuova. Ho bisogno di un uomo che mi dica che cosa è bene per me, e non di un qualsiasi ragazzino. Con lui mi sento finalmente protetta. Sono diventata più tranquilla. Alain continua a telefonarmi, sempre molto affettuoso: continua a propormi di lavorare insieme, ma non sempre i progetti si realizzano. Sono già nove mesi che non giro più un film; eppure, non ho quella sensazione di vuoto che in passato, quando mi capitava di dover stare ferma, mi rendeva tanto ansiosa. Posso persino pensare di farla finita con il cinema, un giorno. Matrimonio e maternità fanno solo del bene a una donna: sono esperienze indispensabili. Qualcuno dirà che siamo diventati una coppia di stupidi conformisti. Passiamo le nostre serate in casa, guardando la televisione, leggendo libri. Harry trova anche il tempo per seguire le partite di calcio. Ma io tempo disponibile ne ho pochissimo: me lo prende tutto il mio bambino. E’ lui la mia vita”.
Durò sei anni il matrimonio con il regista Meyen: si separarono nel 1972 per divorziare l’anno dopo. Altri incontri, altri amori: l’attore francese Michel Piccoli, 13 anni più di lei, suo partner in L’amante, Trio infernale, La signora è di passaggio. E, dopo Piccoli, un attore tedesco, Bruno Ganz; un conte italiano, Giovanni Volpi di Misurata; uno scrittore-regista italiano, Alberto Bevilacqua, con il quale girerà il film La califfa. Nel 1975, a 37 anni, il secondo matrimonio: con Daniel Biasini, un aitante giovanotto francese che aveva 16 anni meno di lei ed era stato per anni suo segretario. Diventò di nuovo mamma, a 39 anni: Sarah Magda, il nome della seconda figlia, nata nel 1977.
Nuovo divorzio, nel 1981, ed altri legami: prima con un attore famosissimo, Yves Montand, quasi sessantenne, suo partner in E’ simpatico ma gli romperei il muso; poi, con un produttore di 40 anni, Laurent Petin, che sarà l’ultimo suo compagno. Amava molto, lavorava moltissimo. “E’ il lavoro che mi salva, mi fa sentire meno sola”, scriveva nei diari. Personaggi inquieti, i suoi, tormentati come i suoi amori. Tre film in Francia: Frau Marlene, con Philippe Noiret; L’importante è amare, con Fabio Testi; Una donna semplice, con Claude Brasseur. E in Italia, dopo La califfa di Bevilacqua con Tognazzi, Fantasia d’amore di Dino Risi con Mastroianni.
Ma la vita, che tanto le aveva dato in gioventù, si riprese tutto a usura, in poco tempo. Le disgrazie, per la bella e infelice Romy, cominciarono con un intervento chirurgico per l’asportazione di un rene (attaccato da un tumore) e proseguirono con la tragica morte del figlio quattordicenne, David, rimasto infilzato nell’asta di un cancello di ferro sul quale si era arrampicato per gioco. “Ma perché il destino si accanisce tanto contro di me?, si domandò gemendo sulla tomba del ragazzo. “Dal giorno della disgrazia di David”, scriverà nei diari un mese dopo, “vivo in albergo: non oso tornare in quella casa. Ne sto cercando un’altra, ma credo che non riuscirò mai a dimenticare il volto del mio bambino, lo strazio di quella morte atroce. Me lo porterò per sempre con me, questo immenso dolore”. E poi: “La vita va avanti, deve andare avanti, ho un’altra bambina cui provvedere, devo vivere e lavorare per lei”.
Era il 1981. Un anno dopo, la mattina del 29 maggio del 1982, il suo compagno Laurent Petin la trovò morta sul divano del salotto. Si pensò subito ad un gesto disperato ed i giornali americani uscirono con titoli a tutta pagina: “Suicida con i barbiturici la Marilyn Monroe d’Europa”. Non era morta con i barbiturici, ma per cause naturali. “Arresto cardiaco”, accerteranno i medici. Non era stata lei a cercare la morte: stanco di vivere era il suo cuore.
È sepolta accanto al figlio David, a Boissy-sans-Avoir, un piccolo paese vicino alla capitale francese.
“Ti guardo dormire , dicono che sei morta. Penso a te, a me, a noi. Di che cosa sono colpevole? Ci si pone una domanda simile davanti una donna che si è amata e che si ama ancora”
“Ti guardo dormire . Ieri ancora eri viva. Era notte. Appena rientrati a casa hai detto a Laurent "va a dormire, vengo tra poco. Resto un po' con David ascoltando musica". Facevi così ogni sera... Volevi restare sola con il ricordo di tuo figlio morto, prima di andare a dormire”
“Non verrò in chiesa né al cimitero , ti chiedo perdono perché sai che non riuscirò a proteggerti dalla folla, da questo tormento così avido di "spettacolo" che ti faceva tremare. Verrò a trovarti il giorno dopo, e noi saremo soli. Mia Puppelé, ti guardo ancora e ancora. Voglio divorarti di sguardi. Riposati. Sono qui, vicino. Ho imparato un po' di tedesco, grazie a te. Ich liebe dich . Ti amo. Ti amo, mia Puppelé”.
Filmografia
Fuoco d'artificio (Feuerwerk), regia di Kurt Hoffmann (1954)
L'amore di una grande regina (o La giovane regina Vittoria) (Mädchenjahre einer Königin), regia di Ernst Marischka (1954)
4º fanteria (Die Deutschmeister), regia di Ernst Marischka (1955)
Il mio primo amore (Der letzte Mann), regia di Harald Braun (1955)
La principessa Sissi (Sissi), regia di Ernst Marischka (1955)
Kitty (Kitty und die große Welt), regia di Alfred Weidenmann (1956)
Sissi, la giovane imperatrice (Sisi — Die junge Kaiserin), regia di Ernst Marischka (1956)
Piccolo posto in Paradiso - Le avventure di Robinson (Robinson soll nicht sterben), regia di Josef von Báky (1957)
Un amore a Parigi (Monpti), regia di Helmut Käutner (1957)
Sissi - Il destino di un'imperatrice (Sisi — Schicksalsjahre einer Kaiserin), regia di Ernst Marischka (1957)
Eva. Confidenze di una minorenne (Die Halbzarte), regia di Rolf Thiele (1958)
Sissi a Ischia (Scampolo), regia di Alfred Weidenmann (1958)
Ragazze in uniforme (Madchen in uniform), regia di Géza von Radványi (1958)
L'amante pura (Christine), regia di Pierre Gaspard-Huit (1958)
Angelica ragazza jet (Ein Engel auf Erden), regia di Géza von Radványi (1959)
Sissi la favorita dello zar (Die schöne Lügnerin) regia di Alex Von Ambesser (1959)
Katia, regina senza corona (Katia), regia di Robert Siodmak (1959)
Delitto in pieno sole (Plein soleil), non accreditata, regia di René Clément (1960)
Boccaccio '70 — episodio "Il lavoro" di Luchino Visconti (1962)
Forever My Love, regia di Ernst Marischka (1962)
Gli amanti dell'isola (Le combat dans l'île), regia di Alain Cavalier (1962)
Il processo (Le Procès), regia di Orson Welles (1962)
L'amour à la mer, regia di Guy Gilles (1963)
I vincitori (The Victors), regia di Carl Foreman (1963)
Il cardinale (The Cardinal), regia di Otto Preminger (1963)
L'enfer, regia di Henri-Georges Clouzot (1964)
Scusa, me lo presti tuo marito? (Good Neighbor Sam), regia di David Swift (1964)
Ciao Pussycat (What's new, Pussycat?), regia di Clive Donner (1965)
La voleuse, regia di Jean Chapot (1966)
Alle 10:30 di una sera d'estate (10:30 P.M. Summer), regia di Jules Dassin (1966)
Agli ordini del Führer e al servizio di Sua Maestà (Triple Cross), regia di Terence Young (1966)
L'incredibile affare Kopcenko (Otley), regia di Dick Clement (1968)
La piscina (La piscine), regia di Jacques Deray (1969)
La Califfa, regia di Alberto Bevilacqua (1970)
L'amante (Les choses de la vie), regia di Claude Sautet (1970)
Uccidi uccidi, ma con dolcezza (My Lover My Son), regia di John Newland (1970)
Il cadavere dagli artigli d'acciaio (Qui?), regia di Léonard Keigel (1970)
Il commissario Pellissier (Max et les ferrailleurs), regia di Claude Sautet (1971)
Un uomo in vendita (Bloomfield), regia di Richard Harris e Uri Zohar (1971)
L'assassinio di Trotsky (The Assassination of Trotsky), regia di Joseph Losey (1972)
È simpatico, ma gli romperei il muso (César et Rosalie), regia di Claude Sautet (1972)
Ludwig, regia di Luchino Visconti (1972)
Noi due senza domani (Le train), regia di Pierre Granier-Deferre (1973)
Il montone infuriato (Le mouton enragé), regia di Michel Deville (1974)
Male d'amore (Un amour de pluie) regia di Jean-Claude Brialy (1974)
Trio infernale (Le trio infernal) regia di Francis Girod (1974)
L'importante è amare (L'important c'est d'aimer), regia di Andrzej Zulawski (1975)
Gli innocenti dalle mani sporche (Les innocents aux main sales) regia di Claude Chabrol (1975)
Frau Marlene (Le vieux fusil), regia di Robert Enrico (1975)
Mado, regia di Claude Sautet (1976)
Una donna alla finestra (Une femme à sa fenêtre), regia di Pierre Granier-Deferre (1976)
Gruppenbild mit Dame, regia di Aleksandar Petrovic (1977)
Una storia semplice (Une histoire simple), regia di Claude Sautet (1978)
Linea di sangue (Bloodline), regia di Terence Young (1979)
Chiaro di donna (Claire de femme), regia di Costa Gavras (1979)
La morte in diretta (La mort en direct), regia di Bertrand Tavernier (1980)
La banchiera (La banquière), regia di Francis Girod (1980)
Fantasma d'amore, regia di Dino Risi (1981)
Guardato a vista (Garde à vue), regia di Claude Miller (1981)
La signora è di passaggio (La passante du Sans-Souci), regia di Jacques Rouffio (1982)
Conoscevo la storia di Romy Schneider, della sua bellezza, della sua inquietitudine,della sua bravura... Aveva avuto tutto come lei stessa affermava, ma questo "tutto" non è bastato a renderla felice ! Di lei ci restano splendidi film dove la immortalano nel fiore della sua gioventù e bellezza oltre che bravura. Chissà forse questa "Lady beauty vintage " se avesse fatto la designer di gioielli forse il corso della sua vita sarebbe stata diversa? Non avremmo avuto l'attrice bellissima che ha abbiamo ammirato nei sui film... La sua precoce morte segna il pubblico che l'amava... Grazie Silvia per avercela ricordata ! Baci da Anna.
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